Le Vitel Étonné di Torino e Ho’oponopono

Luisa è entrata nella mia vita con la delicatezza e l’eleganza di una piuma nel 2013 attraverso facebook. Ci sono molte cose che mi legano a lei, a cominciare dal suo nome.

Il nostro rapporto è iniziato e prosegue nella via di Ho’oponopono, e pur avendo avuto esperienze completamente differenti ci troviamo spesso con gli stessi pensieri e lo stesso modo di intendere la grazia di questo meraviglioso viaggio che è la Vita.

Mi piace la sua leggerezza e la sua profondità, la sua voglia di mettersi in gioco e la sua umiltà, il suo rispetto per ogni essere esistente e il suo senso giustizia, la sua signorilità e la sua grandissima generosità. E’ sempre una gioia scriverci, sentirci al telefono e sentirci sorelle, di quelle vere per davvero, che vedono con delicatezza il meglio nel bene reciproco e ogni discorso, anche il più difficile, finisce con la promessa di un brindisi. E così Luisa da praticamente subito è diventata un punto fermo nella mia vita, una presenza anche quando non c’è, e di questo la ringrazio con infinita gratitudine.

E così qualche tempo fa le ho chiesto di raccontarsi e raccontare della sua vita, del suo lavoro in espansione (l’imperdibile e accogliente Le Vitel Étonné di Torino) e di ciò che è importante per lei, nella comune onda di Ho’oponopono.

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“Intanto grazie a Silvia Paola Mussini per questa meravigliosa occasione che mi dona di parlare della mia passione.

Inizio presentandomi un po’….sono Luisa, ho 47 anni e vivo da sempre a Torino.
La mia vita è stata decisamente movimentata e, per vicissitudini familiari, ho iniziato a lavorare a 16 anni, pur continuando a studiare.

In un’ottica Pono, che allora non conoscevo, l’inizio così burrascoso si è rivelato una grande opportunità qualche anno dopo, perché l’esperienza mi ha aiutato molto a capire cosa volevo fare nella vita.

Appartengo a una famiglia in cui la tradizione del cucinare, dell’andar per ristoranti, dello scoprire bontà culinarie nelle regioni e nei paesi visitati era una passione diffusa e condivisa.

E quando non si girovagava si organizzavano fine settimana nella casa di campagna degli zii a cucinare, in base alla stagione, piatti che difficilmente si potevano cucinare tutti i giorni e che risultavano più buoni se le quantità erano abbondanti e la compagnia numerosa: i bolliti e le loro salse, la bagna caoda, il fritto misto.

Vivere la mia infanzia, fino alla prima adolescenza, scaglionata dai profumi e dai tempi della cucina e delle stagioni ha influenzato in modo irrevocabile il mio modo di approcciarmi al cibo e all’accoglienza.

Così, poco prima dei 30 anni, quando il mio lavoro di allora si è rivelato traballante ho deciso di dedicarmi alla ristorazione in modo professionale.”

 

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Quando hai aperto il tuo “Le Vitel Étonné”?

“Le Vitel Étonné nasce nel 2001, dopo una prima esperienza “introduttiva” con un’enoteca con cucina che si chiamava Taberna Libraria e che ancora oggi, per mia grande gioia, esiste.

Il nome è un gioco, tra uno dei piatti tipici piemontesi e la facciona del vitello del logo, ma soprattutto è un emblema di leggerezza che da sempre ho cercato di abbinare al mio lavoro.

Volevo un ristorante informale e accogliente, dove si potesse gustare un piatto veloce o farsi coccolare da un menu degustazione, prendere un calice di vino o scendere in cantina e scegliere tra gli scaffali la bottiglia, in cui insomma le persone si sentissero comode come a casa e coccolate come in un ristorante.”

Cosa significa per te la parola “nutrimento” in corpo, mente e spirito?

“Questo la dice lunga su quello che intendo per accoglienza e su quello che, donando agli altri, desidero ricevere.

Il cibo e il vino sono prodotti della nostra Grande Madre e, prepararli, servirli e mangiarli è un atto di Amore circolare.

Io e il mio staff trascorriamo molte ora tra le mura del Vitello, il lavoro è faticoso e il contatto con il pubblico è decisamente impegnativo dal punto di vista energetico.

Il rispetto, l’amore e la passione sono gli ingredienti necessari per fare del nutrimento un lavoro, senza scadere nella frustrazione di un ménage commerciale e senza farsi assorbire dal continuo contatto con un pubblico spesso capriccioso e arrogante.

Siamo convinti che i nostri clienti sentano tutto questo e che sia il “segreto” del nostro successo da tanti anni.

Non crediamo nella competitività e nella continua necessità performante che sta dilagando nel nostro ambito da qualche anno, la rincorsa della fama tramite media che creano solo ansie da prestazione.

Siamo in “controtendenza”, ma il riscontro dei clienti e l’armonia tra di noi rende la nostra vita umana molto più ricca e appagante.”

Quanto ha influito, e come, Ho’oponopono nella tua esistenza?

“Ho’oponopono è entrato nella mia vita da circa 3 anni, proprio grazie a una persona che lavorava con me e, da allora, è stato un crescendo di letture, seminari, pratica e pulizia sempre più profonda.

La mia vita è stata letteralmente ribaltata come un calzino, con momenti anche molto difficili, ma altrettanto istruttivi e comunque sempre, indiscutibilmente, di crescita e per il mio bene e per il bene comune.

Mai nulla è a caso, come anche il mio avvicinarmi a Ho’oponopono attratta dai SaYa e non da altri. Anime affini, percorsi molto simili e di fondo una grande predisposizione all’amore universale e al vivere in onore.

Silvia e Sandro sono stati i miei mentori e Silvia la mia coach preferita oltre che sorella di cuore.
Mi sono resa contro che il vivere Pono cambia radicalmente l’approccio al quotidiano e sul lavoro è una risorsa importantissima.

Nella nostra squadra ci rispettiamo molto, ascoltiamo le idee e le proposte di tutti e ci confrontiamo spesso supportandoci anche emotivamente su questioni private e intime.

Non è facile riuscire, in un ambito lavorativo, a creare questo clima e posso dire che, invece, negli ultimi due anni è stata una strada in discesa e, questi piccoli e quotidiani miracoli, sono certo Ho’oponopono.

E i piccoli miracoli creano in grandi miracoli e così, da un paio di mesi, stiamo lavorando a un progetto di ingrandimento del Vitello. Non posso ora raccontare troppo, ma dire che questi progetti prendono vita solo se si guarda tutti insieme nella stessa direzione questo sì che lo dico, perché è una bellissima definizione dell’Amore. A febbraio vi stupiremo!!”

Fai un bilancio del tuo qui e ora, scegli 3 parole per definirti nell’adesso:

“In continuo mutamento e, per dirla secondo un esagramma Ching, sto cercando di dare grande attenzione alle piccole cose quotidiane per evitare di avere mal di mare dal vorticoso turbinio intorno a me…

Se dovessi definirmi oggi potrei usare queste tre parole: delicata, solitaria e ricettiva. Tre definizioni che rispecchiano il momento e che non precludono la fiducia che ormai, anche nei momenti più emotivamente traballanti, accompagna le mie preghiere. E la gratitudine che ogni momento e ogni giorno mi accompagna e che mi permette anche di trascendere dal mio capriccioso ego e affidarmi.”

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Le Vitel Étonné via Francesco da Paola 4 – 10123 Torino. Telefono  011 812 46 21

7 commenti su “Le Vitel Étonné di Torino e Ho’oponopono

  1. Luisa……sì è lei ! Ho subito captato tutto ciò guardandola negli occhi. Nella mia vita rappresenta il. ‘ booster’ quell’attrezzo che serve a dare la ‘spinta’ alla batteria scarica…..l’esperienza emotiva ed energetica di accomodarsi nel suo ristorante regala serenità ed accoglienza uniche. Brava Luisa, continua così, sei e sarai importante per molti.

  2. Leggere le vostre parole, care Silvia Paola e Luisa, è come sentirsi fare una carezza leggera sul viso! Non sono mai stata a Torino, ma se nel mio cammino ci sarà questo luogo, non mancherò di fermarmi nel locale di Luisa. A pelle sento che è il luogo giusto per me per assaggiare un buon vino o deliziare il palato con prodotti della natura che vengono preparati con rispetto e amore. Brava Luisa! Il tuo, scusa la confidenza, e sono anche un pò più “grande” di te, sentire nel gestire questo lavoro, è lo stesso che mi appartiene nello svolgimento del mio. Ogni volta che sono stata costretta dal mio ex marito e socio nell’attività a comportarmi come una venditrice commerciale, sentivo di farmi violenza. Ora lui non è più presente nella mia vita personale e lavorativa e, finalmente, sono me stessa: prima di tutto una persona, una donna, col plusvalore che ognuna di noi ha, che mette la propria professionalità al servizio delle persone che entrano nel mio negozio. Anch’io mi sono tenuta fuori dalla competitività esasperata ed esasperante di una visibilità mediatica, privilegiando l’aspetto umano, l’accoglienza, l’ascolto della persona, molto spesso anche nel suo vissuto privato. Ho sempre ammirato chi sa cucinare, chi ha estro e inventiva, ma anche solo praticità nella preparazione del cibo, cosa che io non sono stata abituata a fare, ma mi apro alla possibilità, in futuro, di migliorare. Anche per me scoprire Ho-oponopono ha contribuito al cambiamento nel mio approccio verso il lavoro, verso i clienti che non sono più tali, ma persone con il loro bagaglio emotivo, umano, spirituale…..e loro lo sentono. Mi piacque moltissimo il tuo articolo, Silvia, sul venditore spirituale e, senza presunzione, penso siamo tutte accomunate da quest’esperienza. Concordo che non sia facile, anzi molto impegnativo, non farsi fagocitare dal sistema commerciale della pubblicità intesa come visibilità assordante ed invasiva, dove tutti si è collegati sul web…..ma molto meno collegati al cuore, all’anima che, pian piano, rischiano di inaridirsi, sollecitati da un’ossessiva mania, che sempre più spesso sconfina in una vera dipendenza, di essere visibili, ammirati, “like-ati”. Grazie di cuore per questo post, grazie per l’amore con cui condisci i tuoi piatti, grazie a Opono che, come il cervello, stimola migliaia di nuove sinapsi, di nuovi contatti, facendoci scoprire che siamo fratelli di anima, della stessa Anima!

    1. Cara Loredana come sempre le tue ali sono grandi, ampie e in espansione. La tua storia, da crisalide a farfalla, è quella di molti di noi, ed è bello confrontarci e confermarci su quella che ci vibra come giusta via per noi e su tutta la bellezza che portiamo nel mondo, individualmente e insieme. La tua voglia di esplorare e migliorare con entusiasmo e umiltà, semplicemente fluendo nell’energia del tutto, sempre mi commuove.
      Leggerti è sempre un grande insegnamento e la tua presenza un dono.
      Ti abbraccio!

  3. Stesso nome, ma un destino fuori della cucina, per la piccola Luisa. Dopo i quaranta, con qualcuno ho scoperto che sapevo cucinare bene assai! Che ‘quello’ era il mio talento, pieno di grazia e di amore. Mi chiamano con un doppio nome: Maria Luisa, mi ha dato forza in un lavoro che non amo più e che non sa che farsene, a quanto pare, di ciò che sono. La vecchia casa, vuota dei vecchi e dei bambini, è lì che mi aspetta la sera, troppo grande e troppo piena. Ma la cucina è nuova.. Allora, forse, Maria, stampella di Luisa, può tornare al suo posto nei documenti.
    Ti amo mi dispiace perdonami grazie!
    (maria) Luisa

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